Tommaso Tam, mi piacciono le sfide

Si intitola “Isola di Tam” ed è il nuovo album di Tommaso Tam, preceduto dal semi omonimo singolo “Isola di Tam (Tempo per me)”, entrambi usciti a gennaio. Il brano, precursore delle ambientazioni che ritroviamo nel disco, ci regala una sensazione di libertà e voglia di dedicarsi del tempo, come non si è fatto prima. L’album quindi diventa un viaggio introspettivo alla ricerca del proprio io e un monito per ricordarsi e ricordarci che è importante fare i conti con se stessi se vogliamo raggiungere un buon equilibrio. Noi abbiamo intervistato Tommaso, ed ecco che cosa ci siamo detti!

CMZ: Dopo una pausa di tre anni, il tuo album “Isola di Tam” segna il tuo ritorno. Qual è il significato di questo ritorno e cosa ti ha spinto a tornare ora con questa nuova musica?
Tommaso:
Dopo aver attraversato un periodo piuttosto buio e difficile, intravedendo finalmente la luce in fondo al tunnel, ho sentito la necessità di raccontare le mie debolezze, le mie vergogne, le mie indignazioni senza filtri, dosando leggerezza e intensità, mettendomi a nudo e ricercando per ognuno di questi stati d’animo le musiche e le atmosfere più adatte, anche se mai scontate. E credo che il singolo che anticipa il disco rappresenti bene tutto quello che c’è nell’album.

CMZ: Racconta agli amici di Modulazioni temporali il tuo percorso artistico.
Tommaso:
Ho cominciato a suonare da piccolo. I miei genitori non ascoltavano tanta musica ma mi compravano strumenti giocattolo su mia richiesta. A sei anni ho imbracciato la chitarra quella vera, e già inventavo le prime canzoncine. Qualche anno dopo, alle medie c’era un’aula musica dove passavo molto tempo a suonare la batteria assieme a un mio amico di scuola col quale successivamente abbiamo formato la nostra prima band e in cui proponevamo solo pezzi originali.
Durante gli anni del Liceo e dell’Università, mi sono esibito con varie band, proponendo anche brani conosciuti e internazionali. Nel frattempo suonavo anche il piano e il basso elettrico (da autodidatta). Ad ogni modo, ogni strumento mi ha sempre dato l’ispirazione per scrivere nuove canzoni.
Registravo in casa su un multitraccia analogico a cassetta. Con quello ho realizzato i miei primi tre album. Nel 96 mi sono trasferito a Bologna, città che mi ha permesso di farmi conoscere e notare da vari artisti e musicisti conosciuti a livello nazionale. Ho suonato come bassista per tre anni con Federico Poggipollini (Ligabue) per citarne uno.
Oggi, la mia attività live si divide in cinque band, oltre la mia. Tra le varie, un tributo ai Doors, Battisti, Rino Gaetano, e una Beatles tribute band, con tanto di vestiti, parrucche e strumenti originali, che mi hanno portato più volte a calcare i palchi oltre confine soprattutto nel nord Europa. Non ci si annoia mai!

CMZ: Nel tuo lungo percorso musicale hai attraversato diversi generi e progetti. Come hai visto evolversi la tua identità artistica nel tempo e come si riflette nel tuo nuovo album “Isola di Tam”?
Tommaso:
In questo disco, ormai il quinto, c’è molta cura negli arrangiamenti, gusto e imprevedibilità, ci sono racconti cuciti con pezzi di stoffe diverse, in cui i registri narrativi si alternano tra il serio e il faceto, ma che mirano dritti e senza compromessi. La mia identità artistica ha sempre puntato a voler stupire “in primis ” me stesso, uscendo dagli schemi, e spingendomi in territori musicali sempre nuovi.

CMZ: “Isola di Tam (Tempo per me)”, il brano che anticipa il disco, sembra un brano dai toni più introspettivi. C’è un tema centrale o una storia che stai cercando di raccontare con questo nuovo lavoro?
Tommaso:
Il tema è la fuga, il testo parla chiaro, e l’isola è una metafora strutturale per designare l’altrove, un espediente necessario per la costruzione del concetto utopistico di “non luogo” e al tempo stesso “luogo della felicità”.

CMZ: La tua musica è spesso caratterizzata da un mix di influenze, da elettropop anni ’80 a echi beatlesiani. Come hai cercato di bilanciare queste influenze nel tuo nuovo album e cosa rende Tam unico nel suo genere?
Tommaso:
C’è un lavoro di recupero delle grandi tradizioni musicali del passato, dalle radici british alla canzone d’autore italiana, fino alle sonorità funky ed elettroniche più raffinate, che rendono “L’isola di Tam” un disco che appare familiare, perché già sentito, ma che regala la sensazione di non avere mai sentito qualcosa del genere, perché fuori da ogni ”genere”, così come accade nelle isole, in cui il tempo non pare essersi fermato, ma solo scandito in modo diverso rispetto a ciò che accade nel resto del mondo. Perché ogni isola ci può regalare una nuova possibilità. Anche di scoprire un album come questo.

CMZ: In un’industria musicale in continua evoluzione, come affronti le sfide creative e come ti mantieni fedele alla tua visione artistica? Quali sono le tue speranze per il futuro della tua musica?
Tommaso:
Le sfide creative mi piacciono e infatti negli ultimi anni mi sono dedicato molto alla scrittura e produzione di brani per altri artisti, soprattutto orchestre da ballo ma anche musica pop e sync per la televisione. Mi sono cimentato nei generi più disparati, e molto distanti dal mio mondo musicale, ad esempio, il fox trot, la cumbia – bachata sudamericana, salsa, chachachà, mazzurca , samba etc.. in realtà si tratta di un mero esercizio stilistico e di fatto un lavoro artigianale, che però stimola la mia creatività, mi da qualche soddisfazione ed è anche molto divertente. Il futuro della mia musica ? Spero possa essere utilizzata e veicolata in tutte le direzioni possibili e in ogni circostanza in cui sia necessaria una componente sonora.

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