“Bambola Parlante” è il nuovo episodio della saga targata I Malati Immaginari, a distanza di pochi mesi dal fortunato esordio “Non Passa +” dello scorso maggio. Un nuovo capitolo che rappresenta idealmente la seconda parte dell’esordio, almeno sul piano concettuale e sonoro, del duo electro-folk abruzzese. Di nuovo il sound iMi si avvale del massiccio utilizzo di synth e tastiere algide di Dario, mentre il drumming di Laura si fa ancora più scuro e profondo. L’atmosfera che si respira ascoltando il brano è pura claustrofobia e suggestione. Se il precedente singolo raccontava una storia fatta di umiliazione, di dipendenza tossica dal prossimo, “Bambola Parlante” rappresenta il risveglio dell’anima, del cuore e del cervello. È la presa di coscienza dell’individuo che finalmente può nuovamente contare su se stesso. La Bambola è adesso libera, le catene si sono spezzate e la prigione comincia a diventare un ricordo.
“La gestazione del brano è stata lunga e laboriosa”, spiega il frontman Dario. “La prima stesura risale al 2005, fu il mio primo testo in italiano e la prima demo fu registrata proprio da Silvio Speranza, il nostro attuale produttore e amico, ma era molto diversa da quello che abbiamo registrato oggi, che è migliorata sotto ogni aspetto – prosegue il cantante – sia nel testo che nella musica, grazie al massiccio intervento di Laura in fase di riscrittura e arrangiamento. Per questo, l’uscita di Bambola ci emoziona particolarmente, anche se della prima versione non rimane più traccia, se non nel titolo”, conclude Dario.
Squadra che vince non si cambia. Per questo I Malati Immaginari si sono avvalsi dello stesso team di produzione del precedente “Non Passa +”, con Silvio “Dott. Hope” Speranza e Giovanni Roma dietro il banco mixer dell’Arte dei Rumori Studio di Napoli. “Silvio e Gianni sono ormai parte integrante del nostro sound in studio, e siamo sicuri che la nostra collaborazione ci porterà lontano, nello spazio e nel tempo”, afferma la batterista e percussionista Laura.
Per quanto riguarda i contenuti, spicca immediatamente il corto circuito di un testo scritto in prima persona femminile, cantato però da un uomo. “Suonando con una ragazza negli ultimi due anni, mi sono reso conto di quanto sia bello ed efficace guardare il tutto dall’altra prospettiva”, spiega Dario. “La musica è donna, la poesia è donna, è la grammatica italiana che lo vuole, ed è per me molto stimolante guardare le cose dall’altro lato, al punto da diventare subito un nostro marchio di fabbrica. Tutte le nostre canzoni hanno questo aspetto in comune, ovvero un uomo che mette in musica i pensieri di una donna”, conclude il cantante.