I Death Cell ci parlano del loro nuovo lavoro

Quartetto nato nel 1990, i Death Cell hanno affrontato una pausa molto significativa, ritrovando però l’affiatamento giusto nel 2014. “Periferico” è il loro ultimo lavoro, da cui hanno tratto “Maschera”, il nuovo singolo. Li abbiamo intervistati.

CMZ: Ciao! Ci raccontate la vostra (lunga e significativa) storia?
Death Cell:
Siamo una band alternative rock formata da quattro elementi: chitarra, basso, batteria e voce. Abbiamo iniziato a suonare insieme nei primi anni ’90 con uno stile influenzato dal punk e dal dark mescolati a una psichedelia oscura e alienante, con richiami al rock e al blues. Nel 1992 abbiamo inciso il nostro primo demo-tape: “The Death Cell”, che arrivò all’ascolto dell’ex chitarrista dei Death SS Paul Chain e gli piacque, tanto che ci invitò a registrare un album completo nel suo studio di Pesaro, sotto la sua produzione artistica. Nacque così nel 1994 “Magic Water”. Dopo la conseguente serie di concerti, fu evidente l’esigenza per ognuno di noi di seguire i progetti di vita personali e sospendemmo l’attività della band. Riunitici nel 2014, quasi per caso, con quella che è l’attuale formazione, iniziammo a scrivere nuovi brani, dove le sonorità tipiche del gruppo venivano contaminate, rinnovate e esaltate dalle differenti esperienze musicali maturate negli anni. Dopo un po’ di rodaggio fatto con varie uscite live, tra cui partecipazioni a manifestazioni di livello nazionale come MusicaW e Emergenza Festival, abbiamo registrato nel 2018 un nuovo EP dal titolo “Lancia In Resta”. Il percorso musicale intrapreso con l’EP si è poi concretizzato nel 2020, quando siamo entrati in sala d’incisione per registrare il nuovo album dal titolo “Periferico”, che è uscito il 22 gennaio 2021 per l’etichetta Volcano Records and Promotion su tutte le piattaforme digitali.

CMZ: “Maschera” è il nuovo singolo, che apre anche l’album nuovo. Si tratta di un brano “pirandelliano” per certi versi. Ci spiegate come nasce e perché è così importante per voi?
Death Cell:
Maschera è un brano che ben rappresenta lo stile Death Cell, con un dirompente e ipnotico giro di basso su cui si sviluppa tutto il pezzo, in un alternative rock oscuro mescolato con sonorità dark e psichedeliche. Il testo parte dal concetto pirandelliano della maschera e rappresenta il momento di presa di coscienza del non essere uno, come si crede, ma differenti individui a seconda di chi ci sta intorno, cosa che impone di indossare una o più maschere per proteggere il proprio io più profondo. Ed è dalla frantumazione delle false sicurezze e dall’esigenza di capire chi siamo veramente che parte il viaggio di Periferico.

CMZ:Veniamo al resto di “Periferico”: sotto quali ispirazioni nasce questo disco?
Death Cell:
Periferico è stato composto come un concept, con un filo conduttore, tra musica e testi, che rappresentasse un viaggio per l’ascoltatore all’interno di se stesso e dell’ambiente che lo circonda, per cercare le risposte e le certezze interiori necessarie alla sua realizzazione come essere umano. Essere periferico è uno stato, un modo di porsi e di vivere: il rifiuto di condividere a prescindere il pensiero e l’agire comune, nella musica come nella vita, per trovare la propria direzione, in totale libertà e autonomia, nel rispetto degli altri e in piena consapevolezza. È bene, quindi, rimanere periferici, con un punto di vista fuori da quello dominante, per apprezzare dettagli e vie alternative che i più non possono scorgere, o, peggio, che ritengono sbagliate e pericolose perché chiusi e ingabbiati dai luoghi comuni e dal modo di vivere imposto dal sistema sociale attuale. Il nostro nome, Death Cell, sta a indicare proprio questa gabbia senza sbarre, invisibile, ma da cui è estremamente difficile evadere, che ci circonda da sempre e in cui rischiamo di passare tutta la nostra esistenza, dalla nascita alla morte. È la gabbia creata e perfezionata nel corso della storia da uomini per altri uomini, perché i primi possano prosperare sulla fatica e l’ignoranza degli altri. Si può chiamare in molti modi e le parole consumismo e capitalismo ne rapprensentano forse i nomi più moderni: potere e religione i più ancestrali. Periferico è dunque un grido di libertà e di progresso, perché queste sono le uniche condizioni per una giusta evoluzione umana, in contrapposizione alla paura e all’oscurantismo che, purtroppo, sembrano essere oggi le basi di sviluppo prevalenti. Una società dominata dal terrore, dall’ignoranza e dalla conservazione fine a se stessa è sempre destinata a creare individui deboli, plagiabili e facilmente comandabili.

CMZ: Mancano i live a tutti. Ma pensate che riprenderete a suonare subito appena si potrà oppure aspetterete che la situazione si assesti un po’?
Death Cell:
Non vediamo l’ora di tornare a suonare dal vivo. La dimensione live è quella in cui ci troviamo più a nostro agio e abbiamo un disco nuovo da poter finalmente eseguire di fronte al pubblico. Molti dei gestori dei locali si sono attrezzati in questo periodo di ferma per far fronte alla richiesta di sicurezza imposta dall’emergenza in corso, anche se penso che comunque non gli verrà data l’autorizzazione a riaprire fino a quando la situazione generale migliori rispetto a ora e i rischi si siano ridotti al minimo. Non credo sarà imminente, ci vorrà purtroppo ancora del tempo e mi auguro che i locali, già stremati dalla chiusura prolungata, resistano e non siano costretti in molti casi a chiudere i battenti.

CMZ: Nel vostro disco non ci sono cover, ma se aveste voluto inserirne una, quale avreste scelto?
Death Cell:
Personalmente se dovessi scegliere una cover da inserire in Periferico, questa sarebbe Third Eye dei Tool. Con una nostra interpretazione e rivisitazione: i Tool sono degli alieni tecnicamente e affrontarli direttamente è arduo. Il brano ha un significato in linea con quello che Periferico vuole trasmettere. Il concetto del terzo occhio, che ho avuto modo di apprendere durante un lungo soggiorno sulle montagne himalayane del Nepal, è molto profondo, intendendo il pieno risveglio della coscienza grazie alla possibilità, con l’esercizio, di guardare la realtà in tutte le sue dimensioni e sfumature. Fin dalla scuola elementare abbiamo avuto tutti un esempio di evoluzione personale raggiunta attraverso l’apertura del terzo occhio leggendo il Pinocchio di Collodi, anche se per questo piano di lettura serve un’età più adulta, come il libro fa già capire dal titolo: la pigna è infatti la rappresentazione della ghiandola pineale, sede del terzo occhio. C’è un significativo verso della canzone dei Tool che dice più o meno: “Ho sprecato così tanti anni a pormi domande, per poi scoprire che da tempo ne avevo le risposte”. Questo tipo di pensiero è uno dei temi trattati in Periferico.

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