Bir Tawil, banditi di tutto il mondo unitevi

Chi è portatore di un retroterra culturale che non risulti facilmente assimilabile alla silenziosa e ordinata maggioranza deve essere bandito, strappato alle radici che critica, anche se le sente proprie. Non c’è spazio per il dubbio, perché rende deboli nella cieca contrapposizione armata. Così, sul bando viene scritto il nome di chi si intende espellere. Un nome letto a voce alta, preceduto dal rullo del tamburo del banditore. Allontanare, cacciare via, rimuovere dallo sguardo tutti coloro che non sono funzionali al discorso del Potere, che poi è quello dello Spettacolo.
Bir Tawil è musica per banditi, per «partiti da una tavola di fame» o per sognatori incalliti, quando il sogno si radica nella testa e fa i calli sulle mani come il bastone della zappa.

Percussioni del’Africa subsahariana e siciliana si scontrano con strumenti a corda del Nord Europa elettrificati e distorti, infettando di elettronica analogica e campionamenti di ricerca antropologica la ricerca di una sintesi tra musiche del deserto ed antropizzazione tecnologia, blues e tamburi a cornice, sintesi granulare e voci distorte, oltre I confini geografici della fortezza Europa, nel racconto della migrazione come risorsa e di microstorie quotidiane.
Ospiti del disco Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra).

Sono due temi, forse, che si incrociano e si intersecano tra loro in questo disco. Il primo è il viaggio, che è spostamento ma anche ricerca; che è incontro e scontro e per questo è fonte – talvolta incosciente – di conoscenza.
Il secondo è il sogno, non inteso come fuga dalla realtà, bensì come progetto, come tentativo claudicante, maldestro, sfocato di realizzare un atto voluto, un miraggio desiderato, una visione. Il viaggio e la visione si incontrano sulle sponde scoscese della passione e producono rischi, paure, ritrosie e incertezze. Ma è così che deve essere, perché non possiamo accontentarci del posto da spettatori assegnato sul biglietto della Società dello Spettacolo.
Da banditi, il posto non c’è. Da banditi, si guarda volitivi verso l’orizzonte per superare «la presente assenza di futuro».

Registrato durante il corso del 2020 tra Londra e la Francia, “In between” e’ il risultato del ri-incontro tra due musicisti migranti, Carlo H. Natoli (Erri, Gentless3, Skrunch, Blessed Child Opera etc.) e Dario De Filippo (Aiora, Le zouave Jacob, Collectif La Boheme, Guappecarto’, Skrunch etc.) da anni su palchi e in progetti condivisi e adesso di stanza rispettivamente a Londra e Fontainbleu. Missato e masterizzato al RoofTop Studio (London) da Carlo H. Natoli con la grafica e le foto di Lavinia Cascone, il disco si affianca ai testi di Alessandro De Filippo (Canecapovolto) e al lavoro in video di Giuseppe Firrincieli, tra documentario sulle terre di confine, le migrazioni e una poetica critica sociale.

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